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Scheda volume

Sermoni deuotissimi del beato Efrem monaco della chiesa di Edessa città di Siria. Nuouamente dal Greco nella uolgar lingua a consolatione de pii & religiosi christiani tradotti. – In Venetia : al segno del pozzo, 1545 (Stampati in Vinegia, 1544). – [8], 161, [1] c. ; 8o (( Marca (U 168) sul frontespizio.- Romano. – Iniziali xilografiche. – Segn.: [croce]⁸ A-T⁸ V¹⁰ (bianche le carte [croce]8 e V10). – La carta 161 segnata per errore 561)

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Efrem il Siro è il più importante teologo di lingua siriaca del IV secolo e grande poeta dall’epoca dei Padri. Soprannominato “l’arpa dello Spirito Santo”, Efrem, con la sua vastissima opera letteraria e teologica, è uno dei maggiori testimoni di una tradizione cristiana vicina alle radici giudaiche e orientali del cristianesimo.

Nasce intorno al 306 nella città di Nisibi nell’attuale Turchia sud orientale. La sua famiglia faceva parte della crescente comunità cristiana in questa città cosmopolita, centro commerciale internazionale sulla frontiera romano-persiana. A Nisibi si parlavano molte lingue, diversi dialetti armeni, mentre la comunità cristiana utilizzava il siriaco. Vari erano anche i culti: oltre alle religioni pagane, era presente una comunità di ebrei e alcune correnti eretiche della nascente chiesa cristiana.

Efrem visse in un’epoca contraddistinta da una grande tensione religiosa e politica, in un momento difficile per l’impero romano anche dal punto di vista strategico. Con l’editto di Costantino fu data libertà di culto ai cristiani, ma con la morte dell’imperatore tornò la minaccia persiana e Nisibi, che era sui confini dell’impero, veniva continuamente assediata e devastata e poi riconquistata.

Dopo la sconfitta dell’imperatore Gioviano nel 363 i Romani furono costretti a cedere la città ai Sassanidi, con la clausola che la comunità cristiana potesse lasciare Nisibi. Sotto il vescovo Abramo la comunità partì per l’esilio.

In questo contesto Efrem, diventato diacono, fu chiamato ad insegnare l’interpretazione cristiana delle scritture nella scuola esegetica e teologica. Oltre ad essere il principale animatore della scuola, Efrem fu autore di componimenti dottrinali, “madrāšē”. Introdusse anche un elemento innovativo: affidò al coro liturgico femminile questi componimenti, che divennero veicoli ufficiali dell’insegnamento cristiano, creando una tradizione unica presente solo in ambito siriaco.

Quando poi Efrem fu costretto all’esilio, si stabilì a Edessa; si rimise al lavoro nella nuova comunità e sembra che abbia continuato a insegnare e a portare avanti la sua opera di poeta, esegeta ed anche di controversista. In questo nuovo ambiente operavano, infatti, numerosi filosofi e sostenitori di correnti eretiche. Morì di peste nel 373. Viene venerato come santo dai cristiani e venne riconosciuto come dottore della Chiesa cattolica nel 1920 da papa Benedetto XV.

Immagine n. 3 Mor Ephrem

Non è facile stabilire una cronologia delle opere di Efrem scritte a Nisibi: alcune raccolte di madrāšē sono state composte dopo la sua morte e raccolgono materiale eterogeneo; altre opere, come i Discorsi per Ipazio, non sono state mai studiate approfonditamente. Inoltre per secoli Efrem è stato interpretato come un autore ignaro della cultura filosofica ellenistica, mentre oggi alcuni studi sembrano mostrare il contrario. Ed infine, numerosi commenti scritturistici sono stati attribuiti al santo, ma solo di pochi si ha la certezza.

Classificando la sua opera secondo i generi letterari abbiamo del commentari alla Sacre scritture, opere in prosa ed in poesia. Si ricorda il Commento sulla Genesi e il Commento sull’Esodo, mentre in traduzione armena abbiamo il Commento sugli Atti degli Apostoli e alle lettere di S.Paolo.

Trai testi in prosa c’è il Discorso su nostro Signore, la Lettera a Publio e i Discorsi per Ipazio. Numerosi sono i componimenti metrici come i Discorsi sulla fede e sulla benedizione della Mensa, ma la parte più consistente della sua opera è costituita proprio dalle madrāšē, componimenti di grande qualità poetica e che sono la nostra fonte principale per conoscere il pensiero di questo autore. Gli Inni di Nisibi si riferiscono alla sua città natale, mentre altri fanno riferimento al periodo esseno e sono di vario tema. Più noti sono gli inni sulla natività, sulla resurrezione, sulla verginità, sulla Chiesa e riflettono la vita liturgica della sua comunità, anche se alcuni autori come E. Beck, mettono in dubbio che alcuni di essi siano opera del santo. La principale opera poetica del Siro è certamente la raccolta di Inni sul Paradiso.

“Egli è un autore ricco e interessante per molti aspetti, ma specialmente sotto il profilo teologico. La specificità del suo lavoro è che in esso si incontrano teologia e poesia. Volendoci accostare alla sua dottrina, dobbiamo insistere sul fatto che egli fa teologia in forma poetica. La poesia gli permette di approfondire la riflessione teologica attraverso paradossi e immagini. Nello stesso tempo la sua teologia diventa liturgia, diventa musica …” (Catechesi Benedetto XVI, Udienza Generale del novembre 2007, vedi http://www.reginamundi.info/Padridellachiesa/sefrem.asp filo audio Mp3 scaricabile).

Per un’antologia di scritti di Efrem il Siro vedi

http://digilander.libero.it/undicesimaora2/padri/Efrem_Ant.pdf

Immagine n. 4 Icone Ephrem

.

L’esemplare del 1545 dell’editore veneziano Arrivabene è il primo in lingua volgare. Anch’esso comprende la dedica del Traversari a Cosimo dei Medici, ma questa è preceduta da una dedica, di autore sconosciuto:

Alle nobilissime et devotissime sacrate spose dei

Gieusù Christo benedetto, la reverenda madre

suora Costantia, meritissima priora, & tutte

le suore del sacro & venerando virgineo

di santo spirito di gubio, sempre nelle

pie viscere di esso Giusù Christo

carissime

in cui si parla del ritrovamento di 18 sermoni del beato Efrem tradotti dal Traversari e come essi furono tradotti in lingua volgare dal priore del Monastero di San Secondo di Gubbio, fra Lodovico delli Orici nuovi di Brescia, poiché li aveva ritenuti efficaci per portare alla compunzione del cuore, alla conoscenza di sé e al dispregio di tutti i legami per ogni cosa terrena. Ma poiché questa bella letteratura era incomprensibile per chi non conosceva il latino il frate aveva deciso di tradurli per le suore in lingua volgare . Purtroppo, a causa della morte del priore, il manoscritto rimase tale “fino ai tempi moderni”, e quindi con l’aggiunta di altri due sermoni fu finalmente dato alle stampe.

La tavola degli inni è preceduta da una brevissima sintesi della vita di Efrem tratta da testi di Girolamo e Basilio di Cesarea. Nella tavola viene premesso che l’argomento di tutti i sermoni è quello della morte e del giudizio finale; ciò è vero sino al 15° sermone che invece è indirizzato a coloro che vogliono investigare sulla natura delle tre persone della Trinità, poi il 16° è sull’Anticristo, il 17° e 18° sono lodi alla verginità e ai martiri. Gli ultimi due sermoni aggiunti sono uno di lodi per Giuseppe, figlio di Giacobbe e l’altro è sulla trasfigurazione di Cristo. Nel colophon si precisa che sono state inserite anche le concordanze con la Sacre Scritture.

Immagine n. 5 Syriac Serta

Ambrogio Traversari, conosciuto anche come Ambrogio Camaldolese (1386 – 1439), fu un sacerdote, teologo ed umanista italiano, generale dei Padri camaldolesi. Strenuo difensore del papato, ostile alla secolarizzazione del clero, partecipò al Concilio di Basilea. In quella sede, la sua principale preoccupazione fu tentare la riconciliazione fra ortodossi e cattolici. Egli redasse insieme a Giovanni Bessarione il decreto detto di Firenze e Ferrara, che avrebbe dovuto porre fine allo scisma fra le due chiese.

Ambrogio Traversari è anche una figura indicativa del nuovo umanesimo che andava sviluppandosi all’interno della Chiesa. La sua grande erudizione classica e umanistica gli permise di essere un teologo che sapeva confrontarsi con le scienze, la letteratura e le arti. Ebbe diversi rapporti con altri umanisti, tra cui Cosimo de’ Medici, di cui fu amico. Traversari con sue traduzioni mise a disposizioni dell’occidente Giovanni Crisostomo, Basilio Magno ed Efrem il Siro.

Immagine n. 6 S. M. degli Angeli

Arrivabene, Andrea fu un editore e tipografo attivo a Venezia tra il 1534 e il 1570. Figlio di Giorgio e fratello di Francesco Antonio, di origine mantovana, aveva bottega in Marzaria all’insegna del Pozzo. Fu sospettato di luteranesimo dall’Inquisizione e alla sua morte tutto il suo magazzino librario, l’insegna e l’azienda passarono a Francesco Ziletti.

Immagine n. 7 Marca

Nel cristianesimo occidentale Efrem fu conosciuto solo nel ‘400 grazie alla traduzione di Ambrogio Traversari di alcuni testi greci a lui attribuiti. La prima edizione a stampa è del 1475 pubblicata dalla stamperia di Bartolomeo Guldenbeek, a cui seguirono negli anni successivi altre stampe realizzate da altre tipografie sia in Italia che a Parigi, sempre sulla traduzione del Traversari, contenenti la sua dedica a Cosimo dei Medici. Ma per un’edizione più attendibile bisognerà attendere quella di Gerardo Vossius, che tra il 1589 e il 1598 pubblicò una gran numero di traduzioni dal greco di opere del santo. Solo nell’800 si avranno le prime edizioni critiche e i primi studi sull’autore, anche se in essi si fece un uso indiscriminato di tutte le fonti disponibili. La pubblicazione delle opere di Efrem fatta tra il 1955 e il 1979 dal monaco benedettino Edmund Beck nel Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium ha dato finalmente una base testuale affidabile e ha permesso un crescente numero si traduzioni, anche se opere in lingua italiana sono ancora molto poche.

Coperta in pergamena con fregi in oro sul dorso e tassello in pelle rossa. Carte di guardia marmorizzate, iniziali xilografiche figurate. Nei margini sono presenti annotazioni con le concordanze con le Sacre Scritture. L’esemplare presenta macchie di umidità. Marca editoriale: Samaritana al pozzo offre da bere a Gesù. Motto Chi berra di questa acqua non hara sete in eterno. (U168). Sul frontespizio sono presenti i nomi di due probabili Di Vincenzo Sergio e fr. Eugenio Bo… S. Martino in … 1900.

Altri testi in biblioteca

        
1. Efrem <santo>       
Hymnes sur la nativité / Ephrem de Nisibe ; introduction par François Graffin, S.J. ; traduction du syriaque  et notes par François Cassingena-Trévedy, O.S.B       
Paris : Les éditions du Cerf, 2001       
Monografia - Testo a stampa [IT\ICCU\PUV\0726385]
          
3. Efrem <santo>       
Hymnes pascales / Ephrem de Nisibe ; introduction, traduction du syriaque et notes par François Cassingena-Trévedy O. S. B       
Paris : Editions du Cerf, 2006       
Monografia - Testo a stampa [IT\ICCU\PUV\1083849]

LA LECTURA PATRUM

Claudio Moreschini, prof. ord. di Letteratura Latina, Università di Pisa

leggerà

Efrem il Siro, Inni sulla Natività e l’Epifania,

a cura di Ignazio De Francesco

Milano, Ed. Paoline, 2003 .

(Letture cristiane del primo millennio 35)

12 marzo 2015

Immagine n. 8 Giotto

Il professor Claudio Moreschini apre la sua Lectura presentando un testo, curato da Ignazio De Francesco sj., che è una traduzione dal siriaco di inni sulla Natività e l’Epifania di Efrem il Siro.

Il primo aspetto posto in rilievo dal relatore è quello della particolarità di questi inni. Infatti, abituati a una innologia di tipo classico, di tipo ambrosiano, abituati a conoscere determinate strutture poetiche e linguistiche, troviamo in essi una grandissima novità. Questi inni, infatti, hanno poco in comune con la tradizione greco-latina, perchè costruiti con una struttura sillabica, quindi sono ritmici e non prosodici. La scelta di Efrem di esprimersi attraverso gli inni, secondo Moreschini, gli permette di presentare una teologia e cristologia di tipo omiletico, senza la pretesa di scrivere trattati.

Ma l’aspetto più interessante risiede nell’immaginazione simbolica. Questa è estremamente vivace e ricca, come il commentatore mette bene in evidenza, con una particolare capacità nel trovare e creare immagini. Secondo Moreschini gli inni più belli sono quelli che riguardano la mariologia e rendono Efrem uno degli scrittori di maggior rilievo, soprattutto se confrontato a certi ambienti greci e romani. Leggendo gli inni si ha un’impressione di novità e di apertura nei confronti di un cristianesimo da noi poco conosciuto; un cristianesimo che è il prodotto di una forma mentis, probabilmente non di una singola persona, ma la forma mentis di un popolo.

Moreschini declina poi gli aspetti di questa cultura diversa dalla nostra mediante alcuni esempi. Nell’inno, accanto alla sua caratteristica essenziale di lode di Dio, della Vergine o del Cristo, sono aggiunti dettagli di un genere letterario che un greco o un latino avrebbe considerato assurdi o inaccettabili. Il fatto che ad esempio Maria più volte si rivolga al bimbo oppure rievochi il passato è per noi una novità; questo parlare di Maria al bambino di solito non si trova in un inno del mondo greco-romano.

Il prof. Moreschini passa poi all’analisi del 15° e 16° inno che l’uditorio ha avuto in fotocopia, e di cui qui si riporta solo un breve saggio:

 

XV

1.

«Con te inizio

e spero

di finire conte.

Se apro la mia bocca

riempi tu la mia bocca.

Sono per te una terra

e tu sei il mio contadino:

semina in me la tua voce,

tu che semini te stesso

nell’utero della madre tua. …

 

Immagine n. 9 Panagia

Il primo inno inizia con una locuzione di Maria al bambino in cui vi sono molti aspetti che risalgono alla tradizione ebraica, ma ciò che è nuovo, sottolinea Moreschini, è proprio il modo di parlare. Non è il severo teologo o lo scrittore che obbedisce alle regole della retorica, qui è l’omileta che parla, e ciò che il Padre contempla é il mistero della nascita del figlio, il mistero della verginità di Maria con una umiltà e con un entusiasmo che di solito non si trovano.

Analizzando l’inno, Moreschini indica la struttura sillabica: Con te inizio, e spero di finire con te a cui fa seguito una allocuzione immediata al bambino: Se io apro la mia bocca riempi tu la mia bocca. E’ quasi come un gioco: per cui se Maria parla è perché deve essere ispirata e quindi è Dio che deve aprire la bocca.

Mentre all’inizio della strofa seconda: Si meravigliano di me tutte le caste figlie degli ebrei, e le vergini figlie di principi cè un tema che si può trovare anche in altri inni, cioè la difesa della verginità di Maria, della verginità in quanto tale.

7.

Eccomi calunniata,

disprezzata,

ma gioiosa!

Le mie orecchie sono piene

di rimproveri e irrisione,

ma è piccola cosa per me

ciò che io devo sopportare,

poiché una sola delle tue consolazioni

è capace di mettere in fuga

moltitudini di avversità.

8.

E poiché da te, figlio mio,

non sono disprezzata, il mio viso è scoperto.

Anche se sono calunniata,

ho concepito e partorito

il giudice di verità

che mi giustificherà;

poiché Tamar

fu giustificata da Giuda

quanto più sarò giustificata io da te.

Il relatore mette in evidenza quanto ci sia di immediato e di immediatamente percepibile in questo atteggiamento di Maria: il tentativo di difendere una verginità che poteva anche essere discussa. Ma sopratutto l’istituzione di un rapporto madre figlio, che esiste indipendentemente da un parto verginale, è una cosa particolarmente bella.

Seguendo la sua analisi, con l’inno 16° Moreschini, indica la presenza di quella che è secondo lui è un’idea nuova: Non sono gelosa, figlio mio, del fatto che tu sia con me e anche con tutti, Cristo è venuto per tutti gli uomini. E questi sono spunti umani e freschi.

Ed ancora un altro aspetto alla fine della strofa seconda: Tu fuori di me e tu dentro di me, sconcerto di tua madre! Fuori di me, perché Dio è in tutto l’universo, ma tu sei dentro di me. Il relatore qui individua uno dei temi che attraversano questi inni. Dio che è insieme dentro e fuori: presente nel grembo della Madre, ma è fuori in tutto l’universo. C’è un continuo gioco di antitesi, di antinomie tra il dentro e il fuori, il grande e il piccolo, colui che è il più potente di tutti e colui che è il più umile di tutti. Un modo antinomico di scrivere, di poetare che ricorre con frequenza negli inni di Efrem.

Immagine n. 10 Ikonografia

Il professor Moreschini al termine della sua relazione torna sulla capacità del Siro nel modificare aspetti già presenti nel testo evangelico con vivacità d’espressione, con una gran copia di immagini e di sentimenti, che rappresenta per noi una novità, introducendoci in un ambiente al quale non siamo abituati. E conclude con una domanda su questo tipo di spiritualità, che forse andrebbe approfondita.

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