Scheda volume
Gilio, Giovanni Andrea
Vita di S. Atanasio vescovo d’Alessandria, grandissimo difensore della Catolica fede, l’origine de l’heresie d’Arrio, la quale uolse sottosopra tutto il mondo, con l’obbrobriosa morte di lui, l’apparato del concilio Niceno, più di ogni altro nobilissimo, del Sardico, Milanese, Ariminese, Alessandrino, Gierosolomitano, e di molti altri Concilii, le grauissime persecutioni della Chiesa, gli essilij, le fughe de catolici e le fraude de gli heretici, le mutationi de gli imperii, & molti particulari de l’historie di que’ tempi. Cauati d’approuatissimi autori da M. Gio. Andrea Gilio da Fabriano, da lui in lingua uolagare tradotta – In Vinegia : per Pietro Bosello, 1559 ((In Vinegia : per Pietro Bosello, 1559) – [12], 85, [3] c. ; 8º ((Marca (Z720) sul frontespizio. – Cors. ; rom. – Segn.: A8 B4 a-l8 (l6,7,8 bianche). – Iniziali xil.))
SFOGLIA IL VOLUME
Il titolo di questa opera di Giovanni Andrea Gilio ci introduce direttamente all’argomento che verrà trattato: la vita di Atanasio d’Alessandria, fu infatti legata al grande sforzo che la Chiesa sostenne in quegli anni per definire il dogma trinitario in seguito all’accesa controversia nata intorno ad esso e alla cui difesa il vescovo dedicò tutte le sue energie.
Negli anni delle Riforma il genere agiografico tornava a essere di grande attualità, misurandosi con l’agiografia protestante, storiograficamente e filologicamente preparata e priva degli elementi leggendari e apocrifi della tradizione tardomedioevale.
Nel timore che con la Riforma la storia della Chiesa fosse letta in chiave antiromana e antipapale, Gilio scrisse un’opera intorno ad una figura significativa, come quella di Atanasio e la propose in volgare, per offrire un’alternativa a letture agiografiche più di intrattenimento.
Come ci racconta l’autore, il vescovo d’Alessandria era stato uno strenuo difensore dell’ortodossia nicena; per questo era stato perseguitato dagli eretici, tanto da avere l’onore dell’altare, pur senza aver subito il martirio. Atanasio poteva dunque rappresentare non solo un modello accessibile di santità, ma anche il tipo esemplare del pastore e del vescovo.
Atanasio (295 ca – 373) vescovo e teologo egiziano, fu patriarca di Alessandria d’Egitto dal 328 con varie interruzioni fino al 373. Il suo nome è legato alla Scuola teologica di Alessandria, assieme a Clemente e Origene. Iniziò la carriera ecclesiastica come segretario del vescovo Alessandro, e lo accompagnò al primo Concilio di Nicea. Atanasio fu per tutta la vita testimone e sostenitore dei principi stabiliti dal concilio e per questa sua fermezza dovette subire cinque condanne all’esilio da quando fu nominato vescovo fino alla sua morte.
La sua vita è un po’ il simbolo delle tormentate vicende politiche e religiose del IV secolo e le sue vicende si intrecciarono con lotte che ci furono in questi anni tra i diversi imperatori d’Oriente e di Occidente, che per le loro mire politiche sostennero o esiliarono Anastasio, a seconda delle circostanze per loro più favorevoli.
Al tempo stesso, per il suo schierarsi a difesa del credo niceno sulla questione della natura di Cristo, sarà osteggiato da parte della Chiesa d’Oriente, che aveva posizioni che andavano verso l’arianesimo. Il credo niceno nel quale Cristo era definito della stessa sostanza Padre si poneva antitesi con il pensiero di Ario, che negava la divinità del Cristo, poiché creato dal Padre.
Diversi Concili e Sinodi paralleli e separati si susseguirono in aperta polemica rivelando i primi sintomi dello scisma fra le chiese Greca e Latina. In questi disaccordi e alle violenze che ne seguirono si inserì l’intervento dell’imperatore Costanzo, che condannò Atanasio ed esiliò i vescovi dissenzienti e perfino papa Liberio, che fu sostituito dall’antipapa Felice II. L’esercito imperiale invase Alessandria e il popolo insorto in difesa del suo vescovo si oppose alle truppe occupanti. Atanasio riuscì a fuggire, protetto dai suoi fedeli, e fece perdere le sue tracce per ben sei anni. Sotto la protezione di anacoreti del deserto o di fidati amici, il vescovo egiziano continuò a far circolare scritti contro l’imperatore e la Chiesa ariana, riuscendo a mantenere unita la sua Chiesa.
Solo con il nuovo imperatore Giuliano, e con il suo editto di tolleranza nei confronti di tutte le confessioni religiose, fu possibile il ritorno dall’esilio dei vescovi di fede cristiana. Tornato ad Alessandria nel 362 Atanasio convocò un concilio d’Oriente che pose fine a tutte le dispute dogmatiche, riaffermando principi del concilio di Nicea. Morì nella sua città nel 373.
Egli fu autore di diverse e importanti opere per la chiesa, che possiamo dividere tra apologetiche come Apologia contra Arianos; De morte Arii, Apologia ad Constantium e dogmatiche come Contro i Pagani, De Decretis Nicaenae Synodi. La Vita di Antonio contribuì alla conoscenza in Occidente del movimento monastico egiziano, mentre le Lettere Festali, scritte dal vescovo di Alessandria per i fedeli in occasione della Pasqua, toccavano argomenti morali, teologici e di attualità.
GILIO, Giovanni Andrea. Si sa poco della sua vita. Nato a Fabriano agli inizi del XVI secolo divenne sacerdote. Nel 1579 si ritirò nell’eremo di Suavicino, poi a S. Domenico Loricato, di cui divenne priore. Morì a Fabriano nel 1584 nell’eremo in cui si era ritirato.
Studioso vissuto in una fase di transizione in cui agli ideali classicistici dell’umanesimo si aggiungevano le nuove istanze sociali, culturali e dottrinali dell’età postridentina, scrisse sia trattati letterari e storico-artistici, che opere di controversistica e di agiografica storico-erudita. Allo stesso modo nella scelta dei generi di scrittura passò dai modelli classici del dialogo, alla narrativa e alla manualistica.
Gilio, definito dal Possevino come modello di una ratio studiorum, fu autore esemplare della Controriforma e la sua opera fu sempre orientata dalle indicazioni di politica culturale e dalle preoccupazioni pedagogiche promosse dal Concilio di Trento. In questo senso l’uso della lingua volgare fu determinate per mettere a disposizione di un pubblico molto più vasto tematiche che altrimenti sarebbero state accessibili solo agli specialisti.
Nella sua prima opera pubblicata nel 1550, Trattato de la emulatione che il Demonio ha fatta a Dio ne l’adorazione, ne’ sacrificii e ne le altre cose appartenenti alla divinità, il religioso respinge le accuse di idolatria mosse dai protestanti, distinguendo ciò che è osservanza di un culto ortodosso dalle forme di superstizione. In Le persecutioni della Chiesa descritte in cinque libri del 1573, Gilio distingue tra persecuzioni idolatre, cioè quelle perpetrate dagli imperatori pagani, e miste ed heretiche, volute dagli imperatori bizantini, più dannose rispetto a quelle pagane, così come quelle legate alla Riforma protestante.
Oggi il Gilio è più noto per Due dialogi nel quale si ragiona degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’istorie con molte annotazioni fatte sopra il giudizio di michelagnolo … Nel libro primo affronta il tema della letteratura delle “buone maniere” attraverso esempi di autori greci e romani e delinea il letterato cortigiano buon cattolico e non sospetto di eresia. Nel secondo dialogo c’è aspra critica, che all’epoca fece scalpore, contro il Giudizio michelangiolesco e gli abusi dei pittori nella loro eccessiva ricercatezza, nell’uso di allegorie e invenzioni bizzarre propri dell’arte manierista.
Il testo si può scaricare in formato pdf da http://www.memofonte.it/trattati/giovanni-andrea-gilio.html
Notizie sulla pittura della controriforma http://www.webalice.it/paolorodelli/Letture%20e%20testi/Storia%20dell’arte/Seicento/pittcont.html
Questa è la prima e forse unica edizione dell’opera di Giovanni Andrea Gilio. Gli scritti del religioso in generale ebbero scarsa fortuna ed anche le altre opere non furono mai ristampate. Dopo il frontespizio segue una lettera dedicatoria di Gilio all’arcivescovo di Siena, Francesco Bandini e la Tavola delle materie contenute nell’opera. Numerose note a margine del testo
Pietro Boselli fu attivo a Venezia tra il 1549 e il 1561. Libraio, editore e tipografo di origine bergamasca lavorava probabilmente per Antonio Gardane nella bottega di questi, all’insegna del Leone e Orso. Insieme con Matteo, di cui era parente, aveva bottega all’insegna del Bue in Merceria. Si conoscono dozzine di edizioni. La sua marca fu usata negli stessi anni da altri editori.
Legatura coeva in pergamena semifloscia con labbro e lacci di chiusura in pelle allumata. Nome autore e titolo incisi a secco sul dorso. Iniziali xilografate. Annotazioni del possessore sulla carta di guardia anteriore: Erat olim ignoti Domini, modo ementis erit ὁμοούσιος eiusdem essentia et ὁμοούποsalos eiusdem essentia Hieronymii Manutii Senensis 1688. Marca: entro la cornice un guerriero con elmo piumato e spada cavalca un bue. Motto: A furore rusticorum libera nos domine, dimensioni: 5 x 4,5.